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La Caragotta delle "Fiabuffe"

Le Fiabuffe, un inno alla fantasia, un canto che sgorga dal cuore e risponde alle mille domande di un bambino

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Una mamma scrittrice e suo figlio , un libro, un  inno alla fantasia ,  un canto che sgorga dal cuore  e risponde alle mille domande di un bambino. 

La sera di San Lorenzo eravamo al mare e gli ho raccontato di quando io e il padre ce ne stavamo tra gli scogli ad aspettare che le stelle cadessero:
«Sì» aveva proseguito il papà: «perché per San Lorenzo cadono le stelle e se ne vedi una devi esprimere un desiderio»
Lui aveva fatto cenno di assenso con la testolina e poi aveva ribattuto: «E poi la rimettiamo in cielo»
Tutt'a un tratto ci eravamo sentiti meno romantici, noi che godevamo dell'aver assistito al crollo di una stella senza nemmeno pensare di rimetterla al suo posto....

LA CARAGOTTA

La caragotta viveva  nel mare.

All'inizio non era così: il suo corpo somigliava a quello di una foca, ma era più rotondo e aveva due pinne larghe come racchette da ping pong. Oltre ai folti baffi, vantava lunghe antenne sulla testa che le facevano udire una moneta che cadeva dal tavolo di un bar di Madrid, fino al soffio del vento tra gli alberi di eucalipto in Australia. I suoi occhioni tondi, però, erano proprio del colore del mare e le piaceva bagnarsi, asciugarsi al sole e poi bagnarsi di nuovo, tanto che prese casa nel vecchio buco di uno scoglio usato dai pirati come rifugio.

La caragotta viveva tra mare e terra, ma più di tutto amava il cielo.
Se ne stava delle ore ad osservare le stelle, le costellazioni, i riflessi della luna e i raggi del sole che la sera si spuntavano come matite con cui si era scritto troppo, fino a sparire sotto l'orizzonte lontano, arrossendo per la vergogna di doversene andare.

Di notte la caragotta se ne stava stesa a pelo d'acqua con gli occhi rivolti al cielo, ma non poteva condividere i suoi pensieri con nessuno perché tutte le creature che popolavano quell'angolo di mare vivevano sotto o sopra l'acqua, senza mezze misure. Solo qualche granchietto curioso, meno schivo e timido degli altri, le si avvicinava per scambiare quattro chiacchiere, ma ormai accadeva sempre più di rado (o forse accadeva con la stessa frequenza, ma a lei non bastava più).

Una notte, la caragotta se ne stava pancia all'aria sotto un cielo pieno di stelle e fissava con i suoi occhioni tondi un puntino tremolante che sembrava in crisi di equilibrio. In effetti, dopo essere stato scosso da un lungo brivido, il puntino iniziò la sua parabola discendente fino a tuffarsi in mare, lasciando dietro di sé  delle piccole orme di scintille.

La caragotta non ci pensò nemmeno per un minuto e si tuffò all'inseguimento del puntino  che si era inabissato. La sua coda non le permetteva di nuotare così armoniosamente come facevano le otarie, però riusciva a darsi delle spinte intermittenti come scosse elettriche che le garantivano una buona accelerazione. Una volta raggiunto più o meno il punto in cui aveva visto cadere la stella, la caragotta cercò d'immergersi nella sua strana maniera: si abbassava sotto il pelo dell'acqua con un movimento opposto a quello degli iceberg quando emergono; una volta immersa, poi, grazie a una capriola simile al rotolare di un sasso  lungo un pendio, la caragotta si metteva testa sotto e iniziava la sua discesa verso il fondale.

Erano trascorse ormai due ore, due ore nelle quali la caragotta risaliva in superficie per riprendere aria e poi si rituffava con la stessa buffa procedura; per fortuna, tutti gli anni trascorsi a vivere in mare e l'allenamento fatto le permettevano di restare in apnea per tempi molto lunghi. Ma questo sembrava non bastare. In fondo, la caragotta non era una creatura terrestre, da dove le stelle si potevano solo osservare e non era una creatura del mare, al quale cercava, però, di appartenere.

Quando sembrava delinearsi una delusione insopportabile, la caragotta decise di rituffarsi ancora un'ultima volta, forse per spegnere le fiamme di quella bruciante sconfitta; la caragotta scese in picchiata proprio lì, dove le sembrava che la stella fosse caduta e dove le sembrava di aver già controllato un milione di volte senza successo.

D'un tratto, nascosta tra due sassi giganteschi, al riparo dietro un'alga ondeggiante come il velo di una sposa, la caragotta intravide una lucina: era lei!

La stella tremava per la paura e per il freddo perché se è vero che anche il cielo ha i suoi abissi, nessuno di questi è così umido e profondo quanto quello del mare di notte. La caragotta la guardò da vicino perché la stella incontrasse nei suoi occhi la sua voglia di aiutarla e la fece adagiare sul suo naso. Con quel piccolo tesoro risalì piano verso la superficie e si arrampicò sullo scoglio più vicino. La stellina sembrò riaversi un po' e guardò verso l'alto con amarezza: come avrebbe fatto a risalire fin lassù? Oltretutto, la notte sembrava restringersi e il suo mantello nero sbiadirsi nell'alba.

La caragotta, ormai stanca, decise di nascondere la stellina in fondo alla sua grotta perché la notte per lei non si esaurisse nel giorno e si propose di riprovarci la notte successiva. Era talmente stanca che non riusciva nemmeno a respirare. Durante il giorno, la caragotta e la stellina dormirono l'una sotto il sole per riprendere energie e l'altra in fondo al buco, tra gli scogli, perché la luce non la contagiasse: si sa che una stella che vede la luce del sole poi non può più farne a meno e si annulla dentro di lui.

E adesso ? Adesso se volete saperne di più sulla caragatta raggiungetemi qui 

https://www.facebook.com/Fiabuffe/

 

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