CASTRO (LECCE) – Continuano gli scavi che hanno riportato alla luce, già qualche giorno fa, alcuni frammenti di una statua di grandi dimensioni databile al IV secolo a.C.
A quanto pare gli archeologi hanno oggi riportato in superficie anche una parte della mano sinistra di una donna. La scultura è stata probabilmente eretta all’interno di un tempio dedicato Minerva. La statua rinvenuta protrebbe, secondo le prime analisi, essere la stessa Minerva custodita nel tempio sacro la cui ubicazione indica il punto esatto in cui Enea, progenitore di Roma e cantato da Virgilio nella sua Eneide, sbarcò dopo la caduta di Troia.
GLI SCAVI – Direttore dello scavo è l’archeologo Amedeo Galati il quale conduce i suoi studi nei pressi di Castro da circa sei anni ormai. I primi ritrovamenti hanno riguardato le mura di quella che potrebbe essere la rocca con il Tempio di Minerva riportato da Virgilio. Da subito gli studiosi avevano ipotizzato che potesse essere quello il luogo del primo sbarco di Enea e, a sorprendere la squadra di archeologi dando una svolta alle indagini è stato il ritrovamento, due giorni fa e sotto tre metri di terreno di una statua di grandi dimensioni.
LA MINERVA DI CASTRO – La statua rinvenuta nel sito è acefala e mutila di alcune parti, tuttavia rappresenta un unicum nel suo genere se si considerano le sue dimensioni, visto che completa potrebbe raggiungere i quattro metri. Le prime analisi farebbero datare la statua al IV sec a.C. Due particolari importanti risultano essere altamente significativi: il drappeggio colorato di rosso porpora in alcune zone e il corto gonnellino che compone il resto del vestiario giacché potrebbero ricondurre ad un’altra figura mitologica, quella di Artemide. Tuttavia continuando gli scavi e restando in attesa di una certa identificazione i pezzi già riesumati sono stati trasportati presso il museo archeologico di Castro.
I FONDI – Per il finanziamento degli scavi sono stati utilizzati fondi della Comunità Europea unitamente a quelli del comune di Castro e nei prossimi giorni continueranno sotto la giurisdizione della soprintendenza del Beni Archeologici di Taranto e dell’Università del Salento.