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Usa, inizia l’era Trump

Sconfitta Hillary Clinton, candidata di Obama

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Ladies and gentlemen, ha vinto l’uomo nero.

No, non stiamo dicendo che ha trionfato Barack Obama per la terza volta consecutiva: stiamo parlando, in realtà, del businessman politicamente improbabile, del miliardario internazionalmente improponibile, del riccastro umanamente (sì, umanamente) detestabile. Stiamo parlando di Donald Trump. È lui l’uomo nero: adesso non resta che scoprire se c’è del buono dentro di lui.

Potrebbe esserci, in fondo: alla fine, senza scomodare il paragone con Ronald Reagan in quanto homo novus della politica (che non regge, perché Reagan, a differenza di Trump, aveva esperienze politiche pregresse, e cioè la carica di governatore della California), Trump non è altro che l’ennesima declinazione dell’eterno sogno americano: quello dell’uomo che, da qualunque punto parta, può raggiungere l’impossibile, a dispetto di tutto e di tutti (leggi di gran parte dell’opinione pubblica e del suo stesso partito), credendo fortemente, spudoratamente in se stesso e nei suoi mezzi (che comunque non sono pochi, va detto).

Rispetto a questa narrazione, Hillary Clinton, per quanto donna e per di più ostinata nella sua voglia di provarci (anche questo, tratto tipico dello spirito americano), sembrava in effetti un vecchio pezzo dell’establishment, sostenuto fino all’ultimo dalla Casa Bianca e dai vertici del suo partito per dare continuità ad uno stato di cose consolidato. Dunque, gli americani hanno deciso: Donald Trump ha vinto, ed è diventato l’uomo più potente d’America (e del mondo). Udite udite, il 44° successore di George Washington.

Ma… adesso? Che succederà adesso che nella Stanza Ovale siederà un tipo così vulcanico e sbrigliato? È quello che si chiedono un po’ tutti, in giro per il mondo. Intanto, godiamoci quest’autunno ingiallito dell’era Obama (otto anni della nostra vita: i migliori?): se lo gustino pure, i democratici, il loro malinconico viale del tramonto fino a Natale. Dopo un doppio quadriennio di egemonia dell’Asinello (un’egemonia che, ad esser sinceri, almeno per una metà del secondo mandato di Obama non si rifletteva al Congresso), gli Stati Uniti tornano ad essere sollevati dalla proboscide dell’Elefante.

Ma i barriti della nuova era si sentiranno solo a gennaio, quando Donald e Melania si saranno trasferiti al 1600 di Pennsylvania Avenue. E allora vedremo le prime mosse del successore  di Obama: in primis, com’è ovvio, la composizione della sua Amministrazione. Da più parti – e in modo bipartisan - si era detto, durante la campagna elettorale e soprattutto dopo i primi riscontri mediatici offerti dai faccia a faccia Clinton-Trump, che il vicepresidente che Trump si era scelto, Mike Pence, era più illuminato di lui. Dunque, una prima constatazione rassicurante può essere questa, che il più stretto consigliere di Trump è una persona più affidabile dello stesso Trump. E poi, il nuovo presidente ha già dichiarato di avere intenzione di cooptare nel suo governo personalità eccellenti del fronte repubblicano: parliamo di Rudolph Giuliani, ex sindaco di New York eroe dell’11 settembre 2011, che potrebbe diventare segretario alla Giustizia; e di Newt Gingrich, fiero e integerrimo oppositore di Bill Clinton al Congresso, che Trump vorrebbe nuovo segretario di Stato. Tra l'altro, Trump era stato uno dei sostenitori di Gingrich alle primarie repubblicane del 2012.    

Ripercorriamo brevemente l’appassionante serata elettorale che ha portato all’elezione di Trump. Lo spoglio, come detto, era iniziato subito bene per il tycoon, vincente in Kentucky, New Hampshire e Indiana.  Ma la Clinton reggeva l’urto, conquistando il Vermont e la strategica Virginia. L’irresistibile ascesa di Trump è iniziata con la conquista della Florida, lo stato che, a detta di tutti, era addirittura obbligato a conquistare per restare in corsa (in partenza la vittoria della Clinton era data per scontata nella maggioranza degli stati, ma non si erano fatti i conti con le urne). Presa la Florida, è stata una slavina con i capelli biondo oroWest Virginia, South Carolina, Arkansas, Texas, Kansas, Nebraska, North Dakota, Wyoming, Louisiana, South Dakota, Montana, Ohio, North Carolina, Idaho, Utah, Wisconsin, Georgia, Pennsylvania, Alaska, Michigan, Arizona e Iowa.  La Clinton, invece, si consolava con Washington D.C., stato di Washington, Oregon, California, NevadaHawaii, stato di New York, Colorado, Connecticut e New Mexico.

Irrompe alla Casa Bianca senza le fanfare del partito repubblicano, Trump, ma forte di 279 grandi elettori. E inoltre avrà a disposizione, fra qualche mese, una Camera dei rappresentanti e un Senato a maggioranza saldamente repubblicana: il che gli consentirà di fare praticamente tutto quello che vuole. Be’, quasi tutto, inizia ad augurarsi  più d uno in giro per il mondo...

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