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Morte di Brady, le autorità: un omicidio

La sua vita finì nel momento in cui rimase paralizzato

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La scomparsa di James Brady, storico portavoce di Ronald Reagan, non è notizia odierna, ma di lunedì scorso. Oggi la polizia di Washington ha aperto un’inchiesta sulla sua morte, considerandola alla stregua di un omicidio con effetto ritardato. In effetti Brady aveva cominciato a morire da quel maledetto giorno del 30 marzo del 1981, quando venne gravemente ferito alla testa in un attentato all’aperto, nei pressi del Washington Hilton Hotel . E restò paralizzato per il resto dei suoi giorni. L’obiettivo dell’attentatore, John Hinkley, oggi in libertà vigilata dopo essere stato dichiarato semi-infermo di mente, era in realtà il presidente in persona; questi rimase illeso, ma in compenso le pallottole di Hinkley centrarono, oltre a Brady, Timothy McCarthy, un agente dei servizi segreti, e Thomas K. Delahanty, ufficiale del dipartimento di Polizia metropolitana di Washington: nessuno di essi, però, fu colpito in modo tale da spirare sul colpo. A dir la verità solo poche ore dopo il grave fatto di sangue circolava la notizia che Brady fosse morto davvero: fu poi l’anchorman Frank Reynolds, amico personale dell’uomo, ad annunciare in tv che quanto ben tre network avevano già riportato era in realtà falso.
Dopo quella terribile esperienza, ormai incollato ad una sedia a rotelle,  Brady divenne un paladino delle norme per la limitazione del possesso di armi da fuoco. La sua eredità più grande resta il  Brady Handgun Violence Prevention Act, una legge entrata in vigore nel 1994 che impone che tutti i compratori di armi da fuoco negli Usa siano in regola con determinati parametri legali.

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