Il sequestro del generale Alzate? Né più né meno che una bravata di una frangia di guerriglieri animati da zelo massimalista (anche se in cinquant’anni di lotta non erano mai arrivati a prendere in ostaggio uno dei vertici dell’esercito), ma che non comprometterà la prosecuzione del percorso negoziale in cui si sono incamminati Farc e governo di Bogotà.
È quanto avevano fatto intendere, giovedì 20 novembre, il cubano Rodolfo Benitez e la norvegese Rita Sandberg, due dei mediatori presenti al tavolo delle trattative Colombia-Farc all’Avana, annunciando il raggiungimento di un accordo tra le due parti sul militare catturato. Una bravata fine a se stessa, e che si concluderà in niente: dietro le quinte, certo, c’era il sapiente lavoro di “rattoppo” del Comitato Internazionale della Croce Rossa, ed era stato proprio questo fattore a dar loro la sicurezza per spingersi a prevedere gli esiti della vicenda: Alzate verrà “liberato presto”, in modo praticamente incruento. Esattamente come l’avvocatessa consulente dell’esercito e i tre soldati che il 16 novembre si trovavano con lui, a bordo di una nave, nei pressi del villaggio di Las Mercedes, nella provincia di Choco (“zona di guerra”, come hanno precisato le Farc in una dichiarazione rivendicativa), e con lui sono stati fatti prigionieri. Sia il generale, a capo di forze speciali anti-guerriglia, create congiuntamente dal Pentagono e dal governo colombiano, che i regolari dell’esercito erano in abiti civili (non si sa bene se stessero svolgendo un’operazione sotto copertura o se, più semplicemente, Alzate si stesse godendo un momento di relax con alcuni collaboratori); si parla anche di un capitano, verosimilmente quello della nave, che però qualche fonte potrebbe aver confuso con un soldato. Quello che Benitez e Sandberg non hanno lasciato intendere, o che forse non sapevano, è che nel momento stesso in cui hanno dato il loro annuncio l’esercito colombiano, parallelamente alle mediazioni, si stava già muovendo per un’eventuale azione di forza finalizzata a togliere dalle mani delle Farc i prigionieri: una semplice presenza di supporto agli operatori negoziali? Quel che è certo è che il giorno seguente il presidente Santos si è limitato ad informare di un’operazione (militare) delle forze armate di Bogotà per recuperare gli ostaggi dei guerriglieri. “La loro liberazione è condizione fondamentale per il proseguo dei colloqui di pace”.