“Una settimana di tempo per trovare un’intesa”.
Il bonario “ultimatum” è di Monica Cirinnà, senatrice romana del Pd. Martedì prossimo l’ultima riunione del gruppo dei senatori del partito di governo, che dovrà dire la parola decisiva sugli emendamenti a voto libero.
Ma l’impressione è che verosimilmente, trovata la quadra sul via libera al testo, non dovrebbe essere poi impresa proibitiva trovarla anche sui punti che restano tuttora più controversi all’interno di esso.
Disegno di Legge 2081 sulle unioni civili, anche noto come ddl Cirinnà: dopo due anni di lavoro di concezione/progettazione e quattro stesure del testo è arrivato ieri il voto unanimemente favorevole dei senatori democratici. Che abbia contato o meno l’input lanciato su Twitter, a poche ore dalla riunione del gruppo, dal segretario generale del Consiglio d’Europa, Thorbjorn Jagland (““Incoraggio l’Italia a garantire il riconoscimento legale delle coppie dello stesso sesso così come stabilito dalla Corte Europea dei Diritti Umani e come accade nella maggior parte degli Stati membri del Consiglio d’Europa”), sta di fatto che ci saranno 120 sì tanto sul titolo 1, che riguarda eslusivamente le coppie gay, quanto sul titolo 2, che si occupa di tutte le coppie di fatto sia nel campo eterosessuale che in quello omosessuale.
Appoggio testudinato e vincolante: non ci sarà libertà di coscienza su nessun punto, meno che sul tema della stepchild adoption (l’istituto, allargato anche alle coppie omo, per cui il figlio biologico o adottivo di uno dei membri di una coppia può essere adottato anche dall’altro membro), evidentemente considerato ancora una zona-limite (e la materia su cui certamente più aspro sarà il dibattito di martedì nella squadra senatoriale dem, in quanto chiama in causa l’anima cattolica e quella progressista del Pd).
Nell’immediato l’appuntamento è a Palazzo Madama tra meno di 48 ore; poi se ne riparlerà a metà febbraio. I Cinque Stelle, ostruzionisti per vocazione, hanno già fatto sapere che non presenteranno nuovi emendamenti, ma anche che non voteranno il testo “se sarà stravolta la parte delle adozioni”. Intanto il ministro dell'Interno Angelino Alfano (e con lui il resto del NCD) non esclude la possibilità di un referendum abrogativo “nel caso la legge passasse”.